(Genova 1827 - Roma 1849)
Poeta
Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5
settembre 1827. Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e
repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l'anno in cui partecipa
attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il
Canto degli Italiani. D'ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata
interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari,
raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado
di capitano dei bersaglieri. Dopo l'armistizio Salasco, torna a Genova,
collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio
1849, viene proclamata la Repubblica. Nonostante la febbre, è sempre in prima
linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito
alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena.
Muore d'infezione il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino, a soli ventidue
anni. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo
I versi di un patriota che morì ventenne
inseguendo un ideale
L'attuale inno nazionale italiano nacque nel 1847 durante
la prima guerra d'indipendenza.
Fu opera di un patriota genovese appena ventenne, Goffredo Mameli, e fu
composto dal suo ventottenne amico musicista e patriota Michele Novaro d'impeto
in una notte.
Figlio di un ammiraglio della marina sarda, Mameli si era diplomato nel '47
dimostrando un'apprezzabile vena poetica, ma anche un interesse ai moti
patriottici che avrebbero portato all'impresa dei Mille.
Già nel 46, a capo degli studenti, aveva sventolato la prima bandiera tricolore
cucita da Nina Teresa Botto, al corteo di Oregina che simbolicamente rievocava
il gesto del Balilla di un secolo prima.
Nel settembre 1847 compose "Il canto degli italiani" (Fratelli
d'Italia) che il 10 novembre Novaro, maestro dei cori dei teatri regio e
Carignano di Torino, lesse a Torino a casa del giornalista e patriota
piemontese Lorenzo Valerio, ed entusiasta musicò trasformandolo in un inno che
divenne popolarissimo tra i patrioti italiani in lotta contro l'invasore austriaco.
Novaro ricevette il manoscritto dal pittore Borzino giunto da Genova: «Sentìi
dentro di me qualcosa di straordinario - raccontò Novaro - che non so definire.
So che piansi, che ero agitato e non sapevo star fermo. Mi posi al cembalo coi
versi di Goffredo sul leggìo, e strimpellavo, assassinavo con le dita convulse
quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi
melodiche, l'una sull'altra, ma lungi le mille miglia dal pensare che potessero
adattarsi a quelle parole. Mi alzai, scontento di me».
Novaro racconta di essere corso a casa aver rimesso mano alla melodia,
suonandola al pianoforte e scrivendola sul primo foglio che aveva sotto mano,
rovesciandoci persino su l'olio di una lampada, per l'emozione.
E di essere poi corso dagli amici al caffè della Lega Nazionale per riportarli
a casa sua dove fece ascoltare la sua composizione. Furono tutti presi
dall'entusiasmo e l'inno "Fratelli d'Italia" in breve fu noto in
tutta Torino, in tutto il Piemonte, poi in tutta Italia.
Mameli entrò in contatto con Mazzini, fu il 1° gennaio 1848 portavoce della
richiesta a Carlo Alberto dello Statuto, portò trecento uomini a Milano in
soccorso all'insurrezione contro gli austriaci (le Cinque Giornate),
partecipando quindi alla prima guerra d'indipendenza.
Fu a Ravenna con Garibaldi, dopo la fuga di Pio IX partì per Roma e lavorò nel
circolo popolare per cercare di realizzare la costituzione italiana, quindi
tornò a Genova quando la città insorse e corse a Roma per difendere la
Repubblica Romana.
Fu ferito il 3 giugno a una gamba, la ferita imputridì costringendo
all'amputazione, ma alla fine il biondo ed entusiasta Mameli morì di cancrena
dopo un mese di sofferenze a soli 22 anni il 6 luglio 1849. Al capezzale di
Mameli, le cui spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo, era Adele
Baroffio, suo giovane amore veneziano, bellissima, bionda, briosa, piena di
vita che aveva preso nel suo cuore il posto di Geromina Ferretti, amore dei 18
anni, mandata a forza in sposa al vecchio marchese Giustiniani.
Vi furono vari altri tentativi di dare all'Italia un inno. Mameli scrisse il 16
agosto 1848 un "Inno militare" per conto di Mazzini, che Verdi
musicò.
Lo stesso Verdì offrì a Mazzini un inno che però non piacque granchè. E poi fu
lo stesso Verdi a proporre l'Inno di Mameli come simbolo dell'Italia unita, nel
suo "Inno delle nazioni" del 1862.
E la Repubblica Italiano lo adottò come inno nazionale nel 1946.