Pensione anticipata ma con assegno ricchissimo: nel 2025 puoi avere una pensione di oltre 1600 euro al mese smettendo di lavorare tre anni prima. Vediamo tutto nei dettagli.
Le notizie sul fronte delle pensioni lasciano ben sperare che nel 2025 ci saranno cambiamenti positivi. Forse non tanto per quel che riguarda gli aumenti degli assegni previdenziali che, come già ufficializzato, saranno rivalutati al massimo dello 0,8%, ma quantomeno per quel che riguarda le uscite anticipate dal lavoro.
In particolare nel 2025 sarà possibile ottenere un assegno mensile di oltre 1600 euro pur lasciando il lavoro ben 3 anni prima rispetto ai canonici 67 anni stabiliti dalla legge Fornero. Ricordiamo, infatti, che tanto nel 2024 quanto anche nel 2025, per accedere alla pensione di vecchiaia sarà necessario avere non meno di 67 anni di età e minimo 20 anni di contributi.
Oppure coloro che hanno iniziato a lavorare quando erano molto giovani potranno sfruttare la pensione anticipata ordinaria che permette di andare in pensione a qualunque età – persino prima di aver compiuto 60 anni – purché i contributi siano pari almeno a 42 anni e 10 mesi per gli uomini o a 41 anni e 10 mesi per le donne.
Ma c’è un’altra strada ben più vantaggiosa delle due opzioni sopra menzionate: una strada che consente l’accesso alla pensione ad appena 64 anni, con pochi contributi e, soprattutto, permette di ottenere un assegno mensile superiore ai 1600 euro. Per poter godere di questi benefici, però, è indispensabile soddisfare un certo requisito.
Pensione anticipata e assegno ricchissimo: l’opzione che pochi conoscono
Buone notizie, anzi ottime, per chi nel 2025 compirà 64 anni: molti dei lavoratori nati nel 1960, infatti, il prossimo anno potranno lasciare il lavoro e ricevere un assegno Inps addirittura superiore ai 1600 euro al mese. Per ottenere quest’agevolazione sarà sufficiente soddisfare un solo requisito.
Pensione ricca nel 2025 per il lavoratori “contributivi puri”, cioè coloro che hanno iniziato a versare i contributi a partire dal 1996. Per chi non lo sapesse, il 1996 è stato l’anno della “svolta” sul fronte previdenziale in quanto, in quel preciso anno, è entrata in vigore la riforma Dini che ha modificato radicalmente il modo di calcolare gli assegni pensionistici.
Fino al 1995 le pensioni venivano calcolate con il sistema retributivo che prendeva come riferimento la media degli stipendi percepiti da un lavoratore negli ultimi anni di carriera. Questo sistema era troppo gravoso per le casse dello Stato e, così, dal 1996 in avanti si è passati al sistema di calcolo contributivo, decisamente più vantaggioso per l’Inps in quanto tiene conto solo dei contributi che una persona versa durante gli anni di lavoro.
Coloro che hanno contributi sia prima che dopo il 1996 avranno un assegno calcolato con il “sistema misto” mentre chi ha solo contributi dal 1996 in avanti avrà una pensione interamente calcolata con il sistema contributivo. Essendo questo sistema meno pesante per le casse dello Stato, i lavoratori “contributivi puri” possono fruire di un piccolo vantaggio: sempre con 20 anni di contributi possono lasciare il lavoro a 64 anni anziché a 67, cioè ben tre anni prima.
Ma per godere di questo vantaggio è necessario soddisfare un certo requisito: bisogna aver maturato un assegno pensionistico pari o superiore a certe soglie. Le soglie anche per il 2025 saranno le seguenti:
- 3 volte l’importo dell’assegno sociale per gli uomini e le donne senza figli;
- 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale per le donne con un solo figlio;
- 2,6 volte l’importo dell’assegno sociale per le donne con due o più figli.
Considerando che, il prossimo anno, per effetto della rivalutazione, l’assegno sociale salirà a circa 538 euro al mese, un uomo o una donna senza figli che non hanno contributi antecedenti al 1996, potranno andare in pensione a 64 anni con un assegno che supererà i 1600 euro al mese.
Nel caso non si riuscisse a raggiungere tale importo con la sola pensione Inps, sarà possibile avvalersi anche della pensione integrativa complementare oppure optare per il riscatto dei contributi i quali servono non solo per raggiungere la soglia contributiva minima utile per l’accesso alla pensione ma anche per aumentare l’importo dell’assegno.