Svolta pensioni nel 2025, la Manovra apporta novità che permetteranno ai lavoratori di lasciare il mondo del lavoro a 64 anni.
In pensione in anticipo ma con un compromesso da accettare per i lavoratori. Capiamo quale sarà la strada da seguire nel 2025 per uscire dal mondo del lavoro a 64 anni ossia con 3 anni di anticipo rispetto la pensione di vecchiaia.
La pensione anticipata è il sogno di tanti lavoratori che diventerà sempre meno realizzabile. L’Italia non ha le risorse per affrontare un numero sempre crescente di pensionamenti e andando avanti con gli anni sarà ancora più complesso. L’inverno demografico e l’invecchiamento della popolazione, infatti, sono una spada di Damocle sulla nostra nazione. Sono i lavoratori a pagare le pensioni con i contributi. Quanti più lavoratori ci sono e quanto più guadagnano maggiori saranno i contributi pagati e le risorse per le pensioni.
Se i lavoratori diminuiscono – cosa che accadrà sempre più in Italia – si ridurranno le risorse per pagare le pensioni. Ecco perché le previsioni sono allarmante. Tra poche decine di anni si prevede un numero troppo basso di persone che lavorano rispetto a quelle che hanno terminato la carriera lavorativa. Il Governo ha già iniziato a rendere meno convenienti gli scivoli di pensionamento anticipato. Ricordiamo, ad esempio, l’introduzione del sistema di calcolo contributivo per Quota 103 nel 2024. La manovra 2025, però, concede a più cittadini la pensione a 64 anni ma a quali condizioni?
Volete andare in pensione in anticipo a 64 anni? Bene, allora ci penserete voi ad evitare di incidere sul Bilancio dello Stato. In che modo? Semplice, rinunciando ad avere il Trattamento di Fine Rapporto. Questa l’idea contenuta in un emendamento alla Legge di Bilancio presentato dalla deputata Tiziana Nisini della Lega. Il piano prevede che gli assunti dal 1996 in poi potranno lasciare il mondo del lavoro a 64 anni con minimo 20 anni di contributi (pensione anticipata contributiva) soddisfacendo specifiche condizioni.
Parliamo di un importo dell’assegno pensionistico pari a 3 volte l’assegno minimo per gli uomini e a 2,8 volte il minimo per le donne. La proposta è che il raggiungimento della soglia minima per il pensionamento si potrà utilizzare la rendita del Fondo Previdenziale complementare. Ecco che se il lavoratore vorrà approfittare di questa possibilità di uscita anticipata allora dovrà destinare il TFR che matura ogni mese ad un Fondo di previdenza privata a scelta.
Questa decisione non potrà essere presa al termine del rapporto ma durante la carriera lavorativa tramite l’iscrizione al Fondo e i versamenti continui nel tempo. Questa non è una novità, tanti lavoratori hanno scelto da tempo di alimentare la posizione contributiva presso un Fondo pensione rinunciando al TRF in azienda. L’emendamento, però, prevede che la rendita maturata non sarà goduta in modo diretto dal lavoratore bensì investita per poter accedere alla pensione anticipata a 64 anni di età.
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