Ape sociale è una delle misure più “ambite” dagli italiani ed è stata accolta con grande gioia la notizia della sua riconferma per il 2025. Ma siamo sicuri che convenga sfruttare questa opzione? In alcuni casi decisamente non conviene.
Via libera del Governo Meloni ad Ape sociale anche per il 2025: questa misura di pensione anticipata nata nel 2017, è stata confermata per l’ottavo anno di fila anche se con qualche dubbio. Si tratta di una misura molto “ambita” dai lavoratori in quanto permette di uscire dal lavoro con largo anticipo e con un requisito contributivo relativamente basso.
Infatti con Ape sociale è possibile accedere alla pensione a soli 63 anni e 5 mesi e con appena 30 anni di contributi. Un bel vantaggio anagrafico, dunque, rispetto alla legge Fornero che ha fissato l’età pensionabile a 67 anni. Ma Ape sociale risulta vantaggiosa anche rispetto a Quota 41 che chiede di avere non meno di 41 anni di contribuzione.
Inoltre un altro vantaggio di questa misura è che si rivolge anche ai disoccupati che, dunque, possono sfruttarla per andare in pensione direttamente dopo aver goduto dei due anni di Naspi. Eppure, come spesso capita, non è tutto oro quello che luccica e in alcuni casi non conviene proprio scegliere questa misura per uscire prima dal lavoro.
Ape sociale: ecco chi può beneficiare di questa misura
Ape sociale è stata confermata dal Governo Meloni anche per il prossimo anno con gli stessi requisiti di accesso: 63 anni e 5 mesi di età e almeno 30 anni di contributi. La misura è nata nel 2017 ma non è mai entrata nella rosa delle misure strutturali e, quindi, ogni anno necessita di riconferma. Nonostante sia una delle misure più amate dai contribuenti, in alcuni casi non conviene proprio sceglierla.
E’ bene ricordare che Ape sociale, a differenza, ad esempio, della pensione anticipata ordinaria o di Quota 103, non si rivolge a tutti i lavoratori ma solo alle seguenti categorie:
- caregivers da almeno 6 mesi;
- invalidi con disabilità pari o superiore al 74%;
- disoccupati;
- persone che svolgono lavori usuranti da almeno 7 anni negli ultimi 10 o da almeno 6 anni negli ultimi 7.
Solo per quest’ultima categoria il requisito contributivo non è di 30 anni ma di 36. Vista così sembra a tutti gli effetti una misura molto conveniente ma Ape sociale ha dei paletti che la rendono poco vantaggiosa in alcune situazioni.
Ape sociale: in questi due casi proprio non conviene
Come visto Ape sociale consente – a chi appartiene alle categorie a cui si rivolge – di andare in pensione con quasi 4 anni di anticipo rispetto alla legge Fornero. Infatti con questa misura è possibile uscire dal lavoro a soli 63 anni e 5 mesi con 30 anni di contributi o 36 nel caso di chi svolge lavori usuranti.
Ma questa opzione ha due grossi limiti. Il primo è il seguente: l’assegno mensile dell’Inps non può mai superare i 1500 euro al mese. Questo limite resta in vigore finché il titolare dell’assegno previdenziale non avrà compiuto 67 anni. E, per arrotondare, non è possibile tornare a lavorare: ammesso solo il lavoro autonomo occasionale fino ad un massimo di 5000 euro all’anno.
Dunque se una persona ha uno stipendio tale da aver maturato una pensione molto più alta, decisamente non conviene perché per quasi 4 anni dovrebbe rinunciare ad un mucchio di soldi. Il secondo limite di Ape sociale è che non è reversibile: pertanto se il titolare della pensione dovesse morire prima di aver compiuto 67 anni, al coniuge e ai figli non spetterà la pensione di reversibilità.