L’età pensionabile corrisponde a 67 anni eppure molti di noi dovranno lavorare fino a 71 e non sarà una scelta! Scopriamo perché.
Come tutti abbiamo ormai capito la legge Fornero non è stata cancellata e, quindi, l’età per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria resta ferma a 67 anni. La pensione anticipata a 64 anni, infatti, resta un vantaggio riservato solo ad una categoria specifica di lavoratori e non sarà, nemmeno quest’anno, un’opzione rivolta a tutti.
La pensione a 64 anni continuerà a rivolgersi solo ed esclusivamente ai lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi all’Inps a partire dal 1996, anno in cui, entrando in vigore la legge Dini, è cambiato il modo di calcolare le pensioni e siamo passati dal sistema retributivo al sistema contributivo.
Dunque se l’età per andare in pensione resta ferma a 67 anni, facendo due rapidi calcoli, quest’anno coloro che sono nati nel 1958 dovrebbero poter lasciare il lavoro e ottenere il tanto sospirato assegno mensile dall’Inps. Eppure non sarà così per tutti: molti, pur avendo 67 anni e 20 anni o più di contributi, potrebbero vedersi respingere la domanda di pensionamento.
Infatti, non tutti lo sanno ma in alcuni casi – a dire il vero più di alcuni, anzi parecchi – non si può lasciare il lavoro nemmeno a 67 anni e con 20 anni di contributi. Molti lavoratori, volenti oppure no, per ricevere la propria pensione dovranno continuare a lavorare fino a 71 anni.
La pensione anticipata a 64 anni è un beneficio riservato a pochi ma anche la pensione a 67 anni per tanti è un miraggio: sono sempre di più le persone che non possono lasciare il lavoro a 67 anni anche se hanno maturato 20 anni di contributi. In alcuni casi bisogna addirittura continuare a lavorare finché non si spengono 71 candeline sulla torta.
Quando pensiamo alla legge Fornero e alla pensione ordinaria di vecchiaia ci vengono subito in mente i due classici requisiti:
In realtà c’è una terza condizione da soddisfare per poter lasciare il lavoro: bisogna aver maturato un assegno previdenziale d’importo pari o superiore a quello dell’Assegno sociale. Quest’ultimo cambia ogni anno poiché è soggetto alla rivalutazione. Nel 2025 l’importo dell’Assegno sociale è pari a circa 538 euro al mese.
Questa regola non vale per tutti ma solo per i lavoratori contributivi puri: coloro che hanno iniziato a versare i contributi a partire dal 1996. Pertanto una persona che non ha contributi antecedenti al 1996, anche se ha già compiuto 67 anni e ha maturato 20 o più anni di contributi, non può accedere alla pensione se non ha maturato un assegno previdenziale pari almeno a 538 euro al mese. Questo nel 2025.
Ma nel 2026 l’importo dell’assegno sociale aumenterà ancora in quanto, come spiegato prima, è soggetto alla rivalutazione annua. Dunque un lavoratore potrebbe non raggiungere l’importo minimo richiesto nemmeno il prossimo anno o tra due anni. La buona notizia è che tutto questo finisce una volta raggiunti i 71 anni. Infatti a 71 anni per andare in pensione bastano solo 5 anni di contributi e non importa a quanto ammonta l’assegno pensionistico.
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