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Curiosità

Lo studio spiazza tutti: chi si chiama con uno di questi nomi è meno intelligente

Il nome che portiamo potrebbe influenzare il nostro QI? Una ricerca scientifica ha rivelato qualcosa di davvero sorprendente.

Il nostro nome è uno degli aspetti più personali della nostra identità. Lo portiamo dalla nascita e spesso ci accompagna per tutta la vita, ma ci siamo mai chiesti se può davvero influenzare qualcosa di fondamentale come il nostro quoziente intellettivo? A suggerire questa sorprendente ipotesi è una recente ricerca dell’Università di Stanford, che ha sollevato un acceso dibattito. Secondo lo studio, alcuni nomi specifici sembrerebbero essere correlati a un QI inferiore alla media. Sì, avete capito bene: il vostro nome potrebbe avere un peso, almeno stando ai dati raccolti sai ricercatori del prestigioso ateneo.

Il nome scelto dai nostri genitori e spesso influenzato da tradizioni o mode, potrebbe avere un impatto anchensulla nostra intelligenza. (Mamelipalestrina.it)

La ricerca, che ha coinvolto 70.000 partecipanti, ha analizzato i risultati dei test di intelligenza tradizionali e li ha confrontati con i nomi dei soggetti. I risultati hanno lasciato molti a bocca aperta: chi si chiama Jonathan, Aline o Sara – i tre nomi finiti sotto la lente d’ingrandimento – tenderebbe a registrare un quoziente intellettivo inferiore alla media di 100 punti. Jonathan, ad esempio, si attesterebbe attorno a un QI di 80, mentre Aline e Sara si fermerebbero a 82. Ma come è possibile che il nostro nome, scelto dai genitori e spesso influenzato da tradizioni o mode, possa avere un simile impatto?

Dimmi come ti chiami e ti dirò quanto intelligente sei

È fondamentale precisare che lo studio, seppur rigoroso nei metodi, ha suscitato non poche perplessità nella comunità scientifica. Da un lato, è stato condotto su un campione ampio e i dati sembrano confermare una correlazione tra questi tre nomi e un QI inferiore. Dall’altro, per molti esperti è difficile credere che una variabile come il nome possa realmente influire su un parametro complesso e multidimensionale come l’intelligenza. Il QI, infatti, misura solo alcune forme di intelligenza, prevalentemente analitica e logico-matematica, tralasciando aspetti come l’intelligenza emotiva, creativa o pratica.

L’ipotesi è che nomi che richiamano determinate origini o classi sociali abbiano una capacità di influenza inconscia e/o indiretta. (Mamelipalestrina.it)

Inoltre, l’ambiente in cui cresciamo, gli stimoli che riceviamo in famiglia, a scuola e nella società hanno un peso determinante. E allora, perché alcuni nomi sembrano associarsi a risultati inferiori? Una spiegazione potrebbe essere di tipo socioculturale: nomi che richiamano determinate origini o classi sociali potrebbero inconsciamente influenzare il modo in cui una persona viene percepita dagli altri e persino se stessa. Ad esempio, un pregiudizio nascosto potrebbe portare a opportunità limitate o a un’autostima più bassa, con ripercussioni sui risultati.

Lo studio è senza dubbio provocatorio e invita a riflettere. Siamo davvero prigionieri del nome che portiamo, o è piuttosto il contesto in cui viviamo a fare la differenza? Una cosa è certa: il nostro potenziale non si limita mai a ciò che è scritto sui documenti. Il nome non fa la persona, e chiunque, Jonathan, Aline o Sara compresi, può brillare ben oltre i risultati di un test.

Enrico DS

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