Il tasso di povertà è in aumento: crescono le persone che non lavorano e rischiano di finire in miseria assoluta. Per rimediare è arrivata una proposta a dir poco scioccante: portare la settimana lavorativa a 70 ore.
La maggior parte di noi lavora 40 ore a settimana. Molti imprenditori e liberi professionisti lavorano anche di più ma è una loro scelta: non hanno un datore di lavoro che li obbliga a lavorare più di 40 ore settimanali. Qualcuno, invece, ha avanzato la proposta di portare a 70 ore la settimana lavorativa per i dipendenti.
70 ore a settimana significherebbe lavorare 10 ore per 7 giorni o, se si vuole godere di almeno un giorno di riposo, allora l’orario giornaliero diventerebbe di oltre 11 ore. Un orario che definire disumano è forse ancora poco: considerando che le giornate durano 24 ore e che almeno 6-7 ci servono per dormire e almeno un paio tra pranzo e cena, questo significherebbe avere 0 tempo libero.
Eppure il tasso di povertà in continua crescita potrebbe rendere necessario un aumento della settimana lavorativa a tali livelli. In pratica per fare in modo che le persone che non lavorano non finiscano in miseria assoluta e non muoiano di fame e che il PIL non crolli, chi lavora, a breve, potrebbe dover lavorare 70 ore alla settimana.
Il tasso di povertà continua a crescere: sono sempre di più le persone e le famiglie che non riescono nemmeno a mettere insieme due pasti al giorno e che stentano ad arrivare a fine mese. La soluzione? Secondo qualcuno non sono né bonus né agevolazioni ma portare la settimana lavorativa dei dipendenti a 70 ore.
Questa proposta a dir poco scioccante è arrivata dall’imprenditore indiano Narayana Murthy. Il miliardario, nel corso di un evento per per la celebrazione del centenario della Camera di Commercio indiana, ha detto chiaro e tondo che, al momento, gli indiani stanno lavorando troppo poco e che, al contrario, dovrebbero spingere sul pedale dell’acceleratore. “800 milioni di persone vivono in povertà. Se non lavoriamo noi, chi lo farà?”– le parole di Murthy.
Lavorare 70 ore a settimana per aumentare il Pil del paese e diventare molto più competitivi con i grandi colossi del Pianeta. Il lavoro non come un mezzo per aumentare il proprio benessere economico ma anche personale: il lavoro – nell’idea dell’imprenditore – dovrebbe diventare un’ossessione, il fine ultimo di ogni indiano.
E lo Stato, in tutto questo, dovrebbe stare in disparte a guardare e riscuotere le tasse senza imporre restrizioni. Una classica visione liberista che, però, non tiene conto di un fattore fondamentale: chi non è riposato né appagato non produce o produce poco e male. Un recente studio condotto dalla Boston University ha proprio dimostrato che superare le 49 ore settimanali di lavoro genera stanchezza e frustrazione e incide negativamente sulla produttività.
Senza contare che paesi con una settimana lavorativa quasi infinita come il Bangladesh hanno un reddito pro capite medio inferiore a Paesi in cui si lavora meno. Ma Murphy non ci sente da questo orecchio e fa il tifo per un modello stile Cina in cui si lavora a più non posso e si guadagna il necessario per vivere.
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